HALEY BONAR Impossible Dream

Haley Bonar è una cantante canadese dello stato del Manitoba, emigrata negli Stati Uniti che si aggiunge alla folta schiera delle cantautrici femminili che tengono alta dagli inizi del terzo millennio il vessillo dell’indie-folk, inserendo il genere in una dimensione più personale e intimista. La Bonar è artisticamente attiva dal 2003 quando, appena ventenne, pubblicò il suo primo album The Size Of Planet che ottenne incoraggianti recensioni sulla rivista musicale Twin Cities, mentre il singolo tratto dall’album Am I Allowed divenne un piccolo successo delle college radio del South Dakota dove si era trasferita.

Noiseland LP GATEFOLD Sleeve

La Bonar andò in tour con altri artisti locali (di Duluth), come Mason Jennings, Richard Buckner, Rivulets, Mary Lou Lord (che fu per un breve tempo anche la sua prima manager) e soprattutto con i più famosi Low, gli incontrastati campioni del lo-fi rock più soffice e ripiegato su sé stesso del Minnesota e della scena rock statunitense degli anni Novanta. Il secondo album Lure The Fox uscito nel 2006 si avvalse di un nugolo di accompagnatori fra cui lo stesso chitarrista e leader dei Low, Alan Sparhawk. L’album venne premiato come migliore album americano dal Minnesota Music Reward e la Bonar venne premiata come migliore artista roots rock dell’anno. L’album successivo del 2008 Big Star guadagnò alla Bonar un più ampio mercato e ben tre canzoni apparvero nella colonna sonora della sitcom The United States Of Tara. Ha realizzato poi nel 2011 l’album Golder, prima di avventurarsi nella side project band dei Granma Boyfriend (in cui militava anche Andrew Bird) con cui ha pubblicato due album Human Eye (2013) e Perm (2015). Ma fu con l’album solista del 2014 Last War, che Haley Bonar assurse a uno status di prima grandezza, ricevendo entusiastiche critiche come cantautrice in grado di raccontare luminose e sottili liriche che adornano una perfetta conoscenza dell’artigianato pop rock in grado di produrre melodie orecchiabili su una struttura inesorabilmente complessa. L’album è stato considerato da prestigiose riviste come uno dei migliori album dell’anno.

3982

Nel suo nuovo album Impossible Dream uscito nella seconda metà del Novembre 2016, Haley Bonar ha confermato il suo talento ponendosi come naturale erede delle cantautrici roots rock degli anni Novanta. Armata di una profonda duttilità nel maneggiare e saper utilizzare al meglio una vasta gamma di chitarre acustiche ed elettriche (oltreché dell’organo wurlitzer, una dote che ne aumenta il coefficiente di musicista vintage), la Bonar sviluppa in questo album un programma superficialmente umile e soltanto apparentemente composto e malinconico. In realtà ogni canzone impiega un differente espediente per stabilire un contesto emotivo e si evolve di solito incrementando tensione e significato ad ogni variazione del sound. La struttura delle sue canzoni colma di variazioni ed adeguamenti è la colonna sonora di un monologo interiore devastato dall’angoscia e dalla frustrazione. Questo programma insieme desolato, soggiogato e spasmodico si sviluppa utilizzando frammenti di dream pop sulle orme degli ultimi Cocteau Twins (Hometown, Skynz), accenni di post pop alla Cardigans (Called You A Queen e Better Than Me; grazie anche al particolare registro vocale della Bonar che ricorda un pò Nina Persson), roots rock imbevuti di blues primitivo (I Can Change, Stupid Face). Questa musica mai banale e che comunque giunge sempre al dunque raggiunge i suoi apici emotivi nell’ardito e febbricitante post punk di Kismet Kill (che racconta una torbida storia cyberpunk), nel dark pop a metà fra Cure e la Lisa Germano più accessibile di Your Mom Is Right e nella frigida e infreddolita ballata di Jealous Girl che ruba l’intro a When The Levee Breaks dei Led Zeppelin. La finale Blue Diamonds Fall è un atipico e spigliato rock’n’roll. Le abbozzate auto analisi di Haley Bonar e suoi imprecisi ritratti di figure femminili coniano un formato subdolo e quasi imbarazzante che fa sentire l’ascoltare come se stesse origliando dal buco della serratura. La struttura delle canzoni di Haley Bonar è comunque invariabilmente tormentata; un pizzico di psichedelia, frutto della scuola dei Low ne aumenta la gravità e lo splendore. Produce la Gndwire Records.

di Alfredo Cristallo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.