RAYON A Beat Of Silence

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Rayon è il moniker del cantante e chitarrista Marcus Acher, ampiamente noto nel mondo musicale per essere il cofondatore (insieme al fratello Mischa) del gruppo tedesco di post-rock elettronico dei Notwist. Acher ha iniziato a usare il nome Rayon per la sua attività di compositore di colonne sonore prevalentemente strumentali nelle quali creava paesaggi sonori a metà fra il giocoso e l’inquietante fondendo chitarre acustiche, pianoforti, drum machine e campionatori. Il suo primo lavoro è del 1995: si trattava di un doppio singolo intitolato Yom (per la Hausmusik/Kollaps) che venne utilizzato per il cortometraggio Run di Katja Schroeder. Acher riesumò il nome Rayon dopo un decennio di silenzio con l’EP a 10 pollici Libanon per il film Maitre di Michael Shamberg e ancora dopo un altro decennio per il mini-LP Il Collo E La Collana che funse da colonna sonora per il film N-Capace di Eleonora Danco. A Beat Of Silence uscito nella prima metà del novembre 2016 per la Morr Music è il suo primo disco che apparentemente non viene usato come colonna sonora, pur mantenendo una struttura curiosamente cinematografica.

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La novità rispetto al passato è il massiccio uso di percussioni di vari tipi (metallofono, vibrafoni, marimba) che vengono costantemente accostati e rielaborati attraverso l’uso dell’ harmonium, dei flauti di bambù e trattati successivamente con samples elettronici. L’effetto ottenuto è molto simile a gamelan giavanesi che vengano perforati da droni elettronici al fine di ottenere una miscela di sonorità dissonanti e stranianti. Il paradigma di questo programma sono i due pezzi iniziali: Kona che è una sonata per poliritmi esotici con occasionali stacchi di oboe e synth e la title-track che scivola come un flusso sonoro di percussioni disperse nel vuoto fino ad infilarsi in spirali raga dissonanti e a concludersi con lontani e astrusi rumori di tram sotterranei. La filosofia musicale di Acher, sistematicamente attenta alla gravità e alla timbrica delle note e allo spazio fra esse prelude alla costruzione di mosaici sonori o di organismi viventi (anche se a volte ridotti alla consistenza di esili cartilagini) fatti di effetti sonori. Sospeso fra il minimalismo additivo di Philip Glass (e la sua tecnica di contrapporre uno strumento all’altro per generare un algoritmo sonoro che conferisca alla musica un senso di finalità emotiva) e la meccanica decostruttiva di Christian Fennesz (tesa a marcare il territorio fra musica concreta post-elettronica e il rumore d’ambiente post-ambientale), l’arte di Rayon raggiunge il suo zenith nei brani più lunghi e complessi: Cuts, una melodia ambientale astratta che si aggira fra paesaggi industriali abbandonati disperdendosi senza un punto di riferimento geografico o musicale, Dots un esempio di puntinismo melodico per metallofoni, oscuro e minaccioso, strutturalmente cubista che si aggrega a poco in un grumo sintetico di tragico espressionismo per chiudersi in un tribalismo ritmico e ancora But For One Minute, un esempio di manipolazione sistematica di una figura musicale di base attraverso un processo additivo che casualmente aggiunge, riduce, omette textures sintetiche e tensione ritmica fino a creare un pattern quasi regolare di musica da incubo. Questa casualità musicale priva di direzioni si ripresenta massicciamente nell’ambient di –Kona mentre il debole di Acher per le colonne sonore trionfa nuovamente in Zombi ideale soundtrack per film noir anni ’50 propulsa (ancora una volta !) dalla contrapposizione fra marimba e delicate note di piano. La lenta quasi sognante ninnananna per poliritmi esotici di On The Quiet introduce alla finale — Kona, un saggio di paesaggismo autunnale e trascendentale (simile ai lavori dei Godspeed You ! Black Emperor) che si evolve in un descrittivismo lunare o metropolitano. Il lavoro di Rayon si pone per la sua complessità, la sua sensibilità aldilà sia del rock che dall’avanguardia. Sembra di ascoltare i Throbbing Gristle convertiti alla musica da camera (e un po’ anche alla santità).

di Alfredo Cristallo

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