ALOA INPUT MARS ETC

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Due anni fa col loro primo album Anysome, gli Aloa Input raccoglievano la fiaccola lasciata dagli Animal Collective, riproponendone il mix anarchico di folk, psichedelia ed elettronica ma intingendolo in salsa kraut-rock. Oggi il gruppo bavarese, un trio composto da Florian Kreier (alias Angela Aux, voce e basso), Cico Beck (alias Josinho, elettronica e batteria) e Marcus Grassi (chitarra, voce) ci riprovano con Mars Etc., un lavoro che ironizza fin dalla copertina (vintage e primitivista) quanto dal titolo sugli stereotipi che accomunano elettronica contemporanea ed avanguardia ovvero l’eredità lasciata ai gruppi tedeschi da Tangerine Dream, Can e Faust. Ritmiche sconcertanti, textures abbondanti, jamming fluide, contrappunti sgraziati, elettronica filosofeggiante, melodie disgiunte sono le spezie con cui gli Aloa Input cospargono il loro folk-pop austero e alienato. Si parte con il dub elettronico di Far Away Down e il country blues di Perry che sono spettacolari decostruzioni di melodie che altrimenti sarebbero semplici bubblegum per arrivare all’apice impressionista di Vampire Song che sarebbe potuta appartenere tanto a Kevin Ayers quanto agli Abba. Gli Aloa Input dimostrano peraltro di vivere splendidamente fra i contrasti più accesi: il basso granitico contro un piano minimale in Oh Brother, l’elettronica bisbigliante e le note forbite di piano nella miniatura di The Door, gli echi glaciali trafitti da samples digitali nelle vignette bucoliche e fiabesche di 21st Century Tale e Krk Blues. La sincopata e cubista Hold On, un omaggio allo scrittore Hunter Thompson e la rutilante novelty elettronica di BlaBla Theory sono le vette di questo programma che dietro la forma futurista non dimentica mai la tradizione romantica della cultura tedesca. Si chiude con due irresistibili retro-pop: Mad As Hell che avrebbe fatto felice Mr. E (ovvero Mark Oliver Everett degli Eels) e Ruth The Communist relitto sonoro strappato alla colonna sonora di una qualsiasi commedia brillante hollywoodiana.

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L’arte degli Aloa Input si serve delle deviazioni allucinate della psichedelia più sperimentale degli anni ’70 quanto delle bizzarrie dell’era della musica digitale come processo creativo volto a costruire canzoni lasciando che crescano e si evolvano in qualcos’altro. Nonostante tutto il gruppo non scade affatto nella cacofonia e la loro musica non perde mai un centro emozionale: il post-rock degli Aloa Input è costruito per colpire simultaneamente cuore e cervello.

di Alfredo Cristallo

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