BLUAGATA Di Stanze E Nevrosi

I Bluagata sono una band di Prato nata nel 2017 dall’incontro fra Alessia Masi (voce, piano, synth), Margherita Bencini (voce, synth), Federico Masi (batteria), Folco Vinattieri (chitarra) e Lorenzo Mattei (basso). Il loro percorso improntato a una versione originale di gothic rock nevrotico con punte di espressionismo (il cantato si muta spesso in recitato) inizia con l’album Sabba pubblicato nel 2018 per la Oto Records. Dal 2018 la band ha calcato i palchi italiani con oltre 70 live act tra
festival e club condividendo il palco con gruppi del calibro dei Ministri, Lacuna Coil, Rezophonic e Meganoidi. Nell’ottobre 2019 pubblicano un EP di 6 brani cantati in inglese e intitolato The Disguises Of Evil sempre per la Oto Records. Per “coerenza culturale” rifiutano di partecipare alle finali di Sanremo rock 2021. Scoppiata la pandemia COVID sfruttano il tempo per registrare il loro secondo album Di Stanze E Nevrosi che viene pubblicato il 10 giugno 2022 per la VREC. Di Stanze E Nevrosi è un album per quadri che presenta in ogni brano (loro lo chiamano stanza) una loro
versione di nevrosi tra marzialità, distorsioni elettroniche disturbanti, ritmi hardcore, chitarre taglienti e parti vocali che spaziano dall’urlo più lancinante ai timbri più dolci e onirici (l’hard rock oscuro alla Black Sabbath di Resti Qui con parti vocali melodiche).

Dagli equilibrismi ritmici violenti e quasi metallurgici, dalle cariche spasmodiche che detonano un iceberg di vertigini armoniche supersoniche, dalle cadenze maciullanti, dai loro incalzanti psicodrammi espressionisti, dai loro declamati raggelanti nasce una sorta di music-hall dell’olocausto, un marchingegno ritmico che
spappola dissonanze, miasmi vocali e fili solenni di synth librandosi in un maestoso inno all’urlo primordiale che erompe in tutta la sua selvaggia bestialità. Ogni brano è di fatto un mini-requiem costruito su frasi di synth titanici, su schitarrate drammatiche, su pianismi e parti vocali da cabaret decadente declamati in modo isterico, su nastri orrendamente deformati. Tutti i brani sono cesellati con un’accurata sovrapposizione di trovate ritmiche, melodiche ed elettroniche che li rendono spesso camaleontici e densi di eventi sonori pur non oltrepassando mai la misura della canzone e senza mai confonderne l’identità. Il loro tetro rosario si divide fra momenti noise-rock
nevrotici (Comodità e Non Si Vede giocati fra interazioni di basso e chitarra, il maelstrom di Palazzi), momenti più dark punk (Persone Vuote con inserti di glitch in sottofondo, i deliqui di 4 Mani e Stanza 26 il primo su tema cantautorale, il secondo con sorprendenti inflessioni reggae e punk-pop, l’autunnale Un Asteroide perso in eterei fraseggi di chitarra), momenti hard rock (l’hard blues alla Led Zeppelin di Sei Davvero Tu, il garage rock epilettico di Liberati, il già citato Resti Qui)
e infine il tipico punk pop di Ti Puoi Fidare Di Me che si contorce in un’attesa armonica esasperante a chiusura dell’album. Ne risulta un lavoro apparentemente ostico, confuso, oscuro spesso inquietante che fa pensare a una seduta psicanalitica più che a un LP rock ma i cui concentrati di riff sono asserviti a una solenne e pubblica drammaturgia: tutte le canzoni sono infatti impostate su una dinamica d’effetto, intensa e brutale. L’atmosfera funerea che lo avvolge, il lirico fatalismo che lo sovrasta, la tensione drammatica che lo dilania dall’inizio alla fine,l’espressionismo violento di tanti suoi numeri, sottendono sempre un senso epico e titanico della
condizione umana, che ne fa in realtà un commosso tributo alla tragedia di esistere. L’album è prodotto da Alessio Camagni dei Ministri.

di Alfredo Cristallo

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