NORTHWAY The Hovering

I Northway sono una band bergamasca nata nel novembre del 2014 dall’incontro di Antonio
Tolomeo (chitarra), Matteo Locatelli (basso) e Andrea Rodari (batteria) tutti provenienti da una
band locale di alt-rock con il chitarrista Giuseppe Procida. Le prime session danno vita a un suono
saldamente ancorato al post-rock psichedelico e strumentale e conseguentemente i brani cantati
vengono del tutto abbandonati. I due anni successivi vengono spesi per comporre, provare e
registrare i pezzi del primo album che esce, autoprodotto, nell’aprile del 2017 col titolo di Small
Things, True Love che riscuote ampi apprezzamenti nella critica di settore. Poco dopo l’uscita del
disco Giuseppe Procida abbandona il gruppo per trasferirsi in Puglia e il suo posto viene preso
dall’abile chitarrista Luca Laboccetta. I due anni successivi vengono spesi per la preparazione del
secondo album.

A questo scopo, il gruppo abbandona il circuito indipendente e decide di legarsi
all’etichetta I Dischi Del Minollo. Il nuovo album viene registrato fra aprile e settembre 2019 al Trai
Studio di Inzago da Fabio Intraina e Giovanni Versari e sarebbe dovuto uscire nella primavera 2020
ma a causa del blocco dovuto al COVID 19 viene infine pubblicato il 25 settembre 2020 col titolo di
The Hovering. Spesso descritta come un esercizio di mimesi sospesa fra classicismo calligrafico,
psichedelia nostalgica e post-rock ambientale, la musica dei Northway tende a presentare una
parata di immagini che non raccontano storie, una collezione di ologrammi che inseguono stati
d’animo occupata in un processo di autoreplicazione che mostra poco interesse per l’evoluzione
del brano in sé (lo stilema tipico dei gruppi post rock) infilandosi in un sound glaciale, misurato,
riflessivo e statico come se la composizione non cerchi di creare una canzone bensì un contenitore
di suoni. La musica tende a diluirsi in una serie di piccoli gesti, una miriade di variazioni che magari
preparano improvvise esplosioni sonore (come nella prassi dello shoegazing dei My Bloody
Valentine) solo per trattenere poi lo svolgimento del pezzo e rinchiudersi in un’orchestrazione
stratificata dove la melodia segna da sola la propria condanna.

La musica è in fondo un business mai condotta a termine eternamente sospesa nell’attesa di qualcosa che si sa non accadrà mai. Sospinta dalla policromia delle due chitarre impegnate in un impressionismo ora tenue, ora
sinistro, ora tempestoso, come se in formazione ci fossero contemporaneamente due Vini Reilly (il
chitarrista dei Durutti Column), Roy Montgomery e i due chitarristi dei Mogwai e propulsa da un
batterismo esuberante che spazia su tutto il fronte d’attacco, i Northway esordiscono col requiem
cadenzato di Point Nemo, per proseguire col post rock granitico di Kraken costruito su linee di
basso flessibili per trascendere poi nell’elegia psichedelica a ritmo di marcia di Hope In The Storm
con squarci di nostalgico lirismo. La progressione verso una forma più contenuta di arrangiamento
prosegue nel chamber rock di Interlude, poco più che una miniatura classicheggiante e sublimarsi
nelle delicate vignette impressioniste di Edinburgh Of Seven Seas e Deep Blue. La musica di The
Hovering ha la funzione occulta di raggiungere il massimo dell’impatto psicologico (rieditando così
il periodo di maggior splendore del dark-punk) con pezzi impeccabili che non solo possono essere
utilizzati come manuali d’istruzione per musicisti post rock ma colmano anche il sottile margine
che separa tre sublimi forme di musica strumentale: il folk acustico di John Fahey, il chamber rock
dissonante dei Rachel’s e la metafisica trepidante, estatica e solenne di Roy Montgomery.
Northway non è una rock band in cerca di effetti sensazionali ma un ensemble da camera in cerca
di un contrappunto trascendentale.

di Alfredo Cristallo

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