ANDREA CASALE TOURIST IN MY HOMETOWN

Andrea Casale è un cantautore e pianista attivo fin dal 2006 quando a soli 16 anni (è nato a Taranto nel 1988) forma insieme all’amico Claudio Ciaccioli (tastiere, synth, basso, chitarra, effetti elettronici) e a Riccardo Rinaldi (fagotto) gli Airglow, un gruppo aperto dedito a uno stile progressive con massiccio uso dell’elettronica. I brani erano tutti composti da Casale e il gruppo è rimasto attivo fino al 2009 quando pubblicarono un EP Blu Magnetico (rimasto l’unica prova del gruppo) che ottenne un buon consenso dalla stampa musicale. Dopo lo scioglimento del gruppo, Casale collaborò con diversi gruppi effimeri della zona di Parma (dove si era trasferito fin dal 2007), appassionandosi alla world music e esibendosi anche con gruppi africani in festival quali l’Ottobre africano.

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Nel 2011 si riunisce a Ciaccioli e Rinaldi per lavorare a Ciò Che Resta un progetto multimediale di letteratura, musica e arte visuale su un’idea del poeta barese Aldo Calò Gabrieli uscito poi nel 2012. Nel frattempo Casale avvia una carriera solista scrivendo canzoni che verranno registrate insieme al fido Ciaccioli e al chitarrista jazz Livio Bartolo nelle estati del 2012-13. Questi brani sono il canovaccio sul quale viene costruito l’album Tourist In My Hometown prima prova solista di Casale (che è accompagnato nell’impresa da Ciaccioli e Bartolo). I brani sono tutti di Casale e arrangiati da lui e Ciaccioli mentre Bartolo si è occupato dell’arrangiamento degli archi. Tourist In My Hometown è un album che si inserisce nel filone della pop d’autore pesantemente arrangiato e iperstratificato tipico di artisti come i Magnetic Fields e Sufjan Stevens. Ciò che lo contraddistingue da loro sono le evidenti influenze jazz e world music: questo rende i brani qualcosa di molto diverso dalla chamber music sottolineandone l’apertura melodica e il respiro internazionale che permea l’opera.

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Tutti i brani sono pensose e pensate vignette pop sempre contraddistinte dal sottofondo di un piano minimale su cui vengono innestati calibrati e lussureggianti inserti stilistici o anche solo strumentali che ne aumentano il coefficiente di eccentricità ed eleganza. Così dopo un avvio velocissimo di musica concreta (Oui, Je Souvien, in pratica una voce su uno sfondo di synth e uno sgocciolio d’acqua) si prosegue con le ballate pop di Hidden Into You (piano su base jazz, accompagnamento di violoncello e finale quasi hard-rock) e Last Flight Over Atlantic (pop digitale con chitarra hendrixiana) per proseguire con il languido folk di Kigali per piano e orchestra che lambisce l’esistenzialismo languido di Chris Isaak. La componente più esotica è maggiormente presente in The Tide and The Moon un jazz rock ricco di pathos con un tocco di nostalgia brasileira e California Lullaby mix di jazz-rock e ska. I brani più complessi sono quelli finali. Light In A Day Without Sun è inizialmente guidato da un piano minimale su rumorini di sottofondo, poi si evolve in un jazz-prog prima notturno poi via più aspro e fluido grazie agli archi (il cui uso ricorda quello dei King Crimson del 1974) mentre il cantato non perde mai la sua vena nostalgica. Jerusalem è invece una minisuite (oltre 7 minuti)dove è maggiormente evidente l’apporto degli arrangiamenti elettronici tanto da risultare una techno trance resa però anomala da un piano scordato e dalla voce angelica e ambientale (simile alle composizioni lambiccate di Julia Holter) e da una lunga coda di vento sintetico. Tourist In My Hometown è un album di largo respiro, perfettamente arrangiato, d’ineccepibile compostezza strumentale e con un mirabile missaggio finale (di Francesco La Sorsa): come suggerisce lo stesso titolo (qui sono ironico) può essere lanciato agevolmente nel mercato internazionale.

di Alfredo Cristallo

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