JFDR White Sun Live part 1:Strings EP

JFDR è l’acronimo dietro cui si cela la cantautrice e polistrumentista islandese Jofrithur Akadottir nata nel 1994 e attiva nei gruppi Samaris (4 LP e 2 EP fra il 2012 e il 2016), Pascal Pinon (insieme alla sorella gemella Asthildur; 3 LP e 3 EP fra il 2009 e il 2016, (l’ultimo loro LP intitolato Sundur lo abbiamo recensito il 6 settembre del 2016) e recentemente anche nel progetto Gangly con Sin Fang (enfant prodige del pop islandese) e Ulfur Alexander Einarsson. Come JFDR ha all’attivo un solo album, Brazil, uscito nel 2017 per la White Sun Recordings che accentuava rispetto ai lavori dei Pascal Pinon la predilezione dell’artista per le linee melodiche panoramiche e minimaliste. Il nuovo lavoro è un EP intitolato White Sun Live part 1: Strings, uscito per la Morr Music in data 8 agosto rivisita alcune delle sue composizioni provenienti dai suoi precedenti lavori solistici e con i Pascal Pinon (solo l’ultimo pezzo è un inedito) avvolgendole in arrangiamenti orchestrali (piano, due violini, viola, violoncello, contrabbasso) che accentuano il senso di struggimento e la precedente ambientazione crepuscolare. In questi brani JFDR propone una fusione fra musica classica, ambient e impressionismo puntando a creare un’atmosfera mestamente decadente che ricorda un po’ l’atmosfera dei film (muti) di Buster Keaton. Il pathos di queste composizioni assorbe tutte insieme le textures delicate e umorali dei Mum, lo spirito minimalista dei Penguin Cafe Orchestra, l’estasi psichedelica dei Grouper e la nostalgia languida di Colleen. L’impianto di base è sostanzialmente il descrittivismo tardo romantico come nelle due romanze Evgenj Kissin (da Twosomeness dei Pascal Pinon) che inventa una melodia che sembra camminare lieve su un filo sospeso nel vuoto e Instant Patience (da Brazil) dal tono più sofferto mentre appartengono a una dimensione più impressionista Orange (da Sundur) suonata come se ci fosse Cajkovskiy al piano o White Sun (da Brazil) cantata con i melismi tipici di Bjork, ma senza la sua sguaiatezza (la voce è ridotta a un tenue bisbiglio) e quindi costruita su un evanescente linea di piano. L’elegia rinascimentale iniziale di Somewhere (da Twosomeness) architettata per voci e chitarra acustica riprende l’austero esistenzialismo di Joanna Newsom e si addentra peraltro nei territori del folk,

un percorso che termina con la finale My Work il cui tono elegiaco e solare spicca come un pallido raggio di luce in questo EP racchiuso nel suo ermetico intimismo: il mondo di JFDR è una ragnatela fluttuante di suoni ed emozioni perennemente al confine fra sogno e realtà e continuamente mutevoli perché costituzionalmente privi di un centro di massa. JFDR canta e suona la chitarra e basso, la sorella Asthildur accompagna al piano e alla seconda voce. L’ensemble d’archi è formato dalle due violiniste Ingrid Karlsdottir e Guthbjorg Hlin Gudmundsdottir, Gudrun Hrund Hardadottir (viola), Pordis Gerdur Jonsdottir (violoncello), Borgar Magnusson (contrabbasso). L’album, registrato dal vivo in uno studio di Rejkiavick, è coprodotto da JFDR e Albert Finnbogason.

di Alfredo Cristallo

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