Se le misure della BCE non si rivelassero risolutive a Draghi converrebbe lasciare la BCE per salire al Colle

Oggi è il D-day, il Draghi-day, il giorno più lungo per l’economia europea e per lo stesso Draghi.
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La partita si gioca tutta a Francoforte.

La Banca Centrale Europea varerà oggi l’ormai troppo dibattuto QE, la BCE stamperà una grande quantità di moneta e la rovescerà sul mercato acquistando titoli di Stato e, forse, obbligazioni bancarie garantite e titoli cartolarizzati.

Servirà a qualcosa? Forse.

I dubbi sull’efficacia di questa manovra, tardiva, non sono pochi. Di questa operazione si parla ormai da troppo tempo. Gli operatori finanziari la davano per scontata da mesi e ne hanno già tenuto conto nelle loro decisioni. In previsione della manovra della BCE il tasso di interesse sui titoli di Stato si è già posizionato su livelli più bassi ed anche lo spread dei paesi più deboli si è già ridotto. Il mercato, i tassi di interesse e l’economia reale potrebbero non rispondere più di tanto.

In dicembre l’Eurozona è entrata ufficialmente in deflazione, il mostro con il quale Draghi deve combattere. Il livello dei prezzi ha fatto segnare una flessione dello 0,2% su base annua confermando i timori di una ulteriorecontrazione dell’economia, un intervento massiccio da parte del Consiglio Direttivo della BCE non può più essere procrastinato.
Con la deflazione cadono i consumi e gli investimenti, l’economia ristagna, la disoccupazione sale, il peso del debito aumenta. L’obiettivo statutario della Bce è un carovita nella zona euro “vicino ma sotto al 2%”, ma oggi lo sta mancando. Il tasso d’inflazione nell’area è in frenata dall’inizio del 2012 e dall’ottobre del 2013 ha improvvisamente rallentato sotto l’1%. Da allora è calato ancora di più, fino a diventare negativo in dicembre (-0,2%). La Bce deve riportare il tasso di inflazione verso l’obiettivo del 2%, ma non può più farlo con la tecnica convenzionale di ridurre i tassi d’interesse richiesti sui prestiti che pratica alle banche, i tassi sono già prossimi allo zero, non resta che la via “quantitativa”, cioè la creazione di moneta.
Il rischio di deflazione è talmente forte che perfino i “falchi” contrari alla creazione di liquidità, primo fra tutti Jens Weidmann (presidente Bundesbank e consigliere Bce), il ministro tedesco delle Finanze Wolfgang Schäuble e la stessa Merkel non sono più in grado di ostacolare le intenzioni di Draghi.

Ma servirà a qualcosa? Forse.

I detrattori del Qe, sostengono che l’immissione di moneta non avrà lo stesso effetto che si è visto negli Usa, dove la Fed ha pompato migliaia di miliardi di dollari ed ha effettivamente rilanciato l’economia. In Europa i tassi sono già bassi senza bisogno di acquistare altri titoli di Stato, le banche Europee potrebbero utilizzare la liquidità in eccesso per depositarla a Francoforte – anche dovendo pagare interessi negativi – piuttosto che prestarla a imprese che rischiano costantemente il default. Ma anche se le banche si dimostrassero disponibili a finanziare l’economia reale, il sistema potrebbe non volerne approfittare. Le imprese, nonostante il basso costo del credito, potrebbero non arrischiarsi ad indebitarsi per investire e i consumatori sembrano orientati a procrastinare i consumi per mantenere una certa liquidità.

alessandro tantussi

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