ONE HORSE BAND Keep On Dancing

One Horse Band è una singolare one man band che nasce a Milano nell’inverno del 2015. Dopo una prima fase di sperimentazione e un lungo periodo passato in sala prove, la direzione presa è quella di un mix fra dirty blues, punk, garage e rock’n’roll. Dopo qualche mese One Horse Band è già sulla strada con una chitarra, una scatola di biscotti Plasmon e una batteria a piedi. Nel 2017 esce il primo disco intitolato Let’s Gallop (c’è anche una meravigliosa cover di Venus, l’immortale pezzo degli Shocking Blue). One Horse Band ritorna quindi a calcare i palchi di Italia e Svizzera. Sul palco One Horse Band trova la sua atmosfera più congeniale con show esplosivi, rumorosi e coinvolgenti (dal vivo si presenta sempre con una maschera raffigurante un cavallo). Partecipa al One Man Band Festival a Montpellier e al Trashylvania Fest a Praga, riuscendo a suonare anche con musicisti del calibro di Bob Log III e Jim Broadbent. Poco dopo il gruppo (ma è sempre una sola
persona) si richiude in sala di registrazione alla ricerca di un sound più denso, sporco e cattivo riemergendo dopo qualche mese con un’infinità di nuovi pezzi, dieci dei quali vanno a comporre il nuovo album Keep On Dancing uscito il 23 maggio 2019 per la Area Pirata/Goodfellas Records.

Suonato e registrato totalmente in presa diretta, il nuovo LP è un lavoro sporco e devastante dove i suoni sono avvolti perennemente in una nuvola di feedback e distorsione che mantiene però l’anelito a suonare musica vera con strumenti veri in maniera animalesca. L’album trionfa innanzitutto per l’enorme e l’abnorme elettricità dell’esecuzione (che rimanda ai climi infuocati di Blue Cheer ed MC 5). Quello di One Horse Band è un massacro continuo senza pietà con cadenze tempestose ed irriducibili, ondate di feedback di acciaio rovente, canto vibrante e cannibalesco a comporre uno degli agglomerati sonori più minacciosi di sempre. La musica dilaga come un vampiro che succhi linfa vitale dalle radici del rock’n’roll e del blues fra anthem anarchici, hard rock vecchia maniera e un pizzico di garage e rock’n’roll aggiornati all’etica frenetica del punk
rock: quasi un’operazione di revival che ricorda (ma in maniera più brutale) la lezione dei
Fleshtones. I brani sono tutti brevi e fulminei (solo 3 dei 10 brani superano i 3 minuti e tutto
l’album non supera la mezz’ora d’ascolto) a partire dai boogie arroventati e a ritmo panzer di All I Need Is You e della title track, passando per l’heavy metal di Dirty Loves On The Ground e Not Humans Anymore memori degli eccessi sonori degli Stooges, l’hard rock con venature beat psichedeliche alla Sonics di I Won’t Pay e gli hard blues cingolati di I Wanna Spend My Money e Wide Hips. Un piccolo rallentamento (si fa per dire) si ha col folk blues delle pianure di It Feels So Good e col delta blues finale di I’m Coming Home che mantengono comunque una ritmica incessante e un arrangiamento reboante ed enfatico; insomma One Horse Band non si fa mai mancare nulla. I testi ispirati a storie riprovevoli di eterni perdenti (serial killert, vecchie glorie da bar di provincia, giocatori d’azzardo caduti in rovina) completano l’affresco di un’operazione che non ha nessuna altra finalità se non quella di ripescare un sound primitivo trovato nella spazzatura e inzuppato nell’acido. L’album è stato interamente curato e prodotto dal leggendario Jim Diamond (già collaboratore di White Stripes, Sonics e The Dirtbombs) aiutato ed arricchito per la parte grafica dal prezioso lavoro di Luca Domenico Calcaterra.

di Alfredo Cristallo

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