Laggiù nel paese dei tropici – Costa Rica: diario a posteriori di un Sogno – 1

 

Era l’aria ad essere diversa. Anzi, per essere precisi, la sua composizione, il suo odore.

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Una volta arrivato lì, a Potrero, quella è  la prima sensazione che ti coglie. Impreparato, ovvio.

Fui proiettato laggiù da un invito a cui non volevo credere e da un accesso di incoscienza, visto il budget.

Ventuno ore di volo, di cui una decina tra Francoforte e Houston: danno l’idea di un viaggio immenso sì nello spazio ma anche nel tempo.

L’aria diversa, dicevo. Arrivati in questo piccolo centro, sulla costa ovest, dopo una cavalcata 4 X 4 da Liberia lungo il Canopy, l’odore è la prima cosa che ti investe. Una sensazione strana, forse percepita dal sistema limbico ancor prima che dalla coscienza, di odori sconosciuti e lontani. Non di piante però, perché in Costa Rica i fiori non profumano. E non sai razionalmente se è di umido, di cucinato, di terra, di foresta, di guadi, di puzzole o tutto insieme.

La temperatura è alta, si aggira sui 35° ma non dà fastidio. E dire che il clima non è secco, anzi…  Neanche il sudore appiccica.

Ecco, ora le sensazioni si fanno più marcate, in un caleidoscopio ipnotico che prende il posto della stanchezza.

Già ora i buoni propositi di appuntarsi tutto si sono dissolti: non faccio in tempo a fissare impressioni in mente che già nuovi stimoli chiedono permesso, e neanche troppo gentilmente!

Passato come su un cammello questo percorso in mezzo alla foresta che è il Canopy, arriviamo nel paese. Vedo le prime case e le prime contraddizioni. Da una parte i villaggi residenziali puliti e pettinati, abitati da una forte presenza di italiani,  dall’altra le case di lamiera col tetto non saldato con i muri perimetrali (per far passar l’aria) vicino un metro alla villetta con pratino e SUV. E poi il pollaio sull’albero, con tanto di scaletta e il campetto di calcio in erba che fa da piazza del paese.

Qualche altra cosa non mi torna… ecco sì, i suoni! Sono i canti degli uccelli ad essere insoliti, fraseggi su più note, botte e risposte facilmente individuabili: ora si fa strada più nettamente la convinzione di essere stati teletrasportati. Non solo nello spazio. Ma anche nel tempo.

(segue)

Marco Vincenti

© testo e foto di proprietà dell’autore

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