JULIE’S HAIRCUT In Silence Electric

A due anni di distanza dal precedente album Invocation And Ritual Dance Of My Demon Twins
(recensito su Micsugliando ai primi di marzo 2017) e a meno di due mesi da Music From The Last
Command, colonna sonora della riedizione del film Crepuscolo Di Gloria (1928) di Josef Von
Sternberg, i Julie’s Haircut band di Sassuolo capofila dello Psych Rock italiano tornano con un
nuovo LP intitolato In Silence Electric pubblicato il 4 ottobre 2019 per la Rocket Recordings. Il
nuovo album riprende il discorso partendo dalla lezione del kraut rock (l’ascetismo atonale dei
Can, la psichedelia orgiastica degli Amon Duul, il motorik tribale dei Neu) e dall’avanguardia jazz e
pervenendo a un sound che dalle precedenti linee musicali tenebrose e trascendenti privilegia
l’aspetto più misterioso, esoterico e mantrico.

Le loro composizioni propongono ora un aspetto più ritualistico radicalizzando le istanze più cosmiche della psichedelia e dell’acid-rock (un po’ come facevano negli anni Settanta, gli Hawkwind) e proponendo armonie eccentriche che esplorano territori misteriosi e indefinibili ma sempre comunque legati a rituali magici e religiosi:
la loro è una musica che potrebbe essere l’adatta colonna sonora per un sabba di streghe, una
riunione di Thugs (così come descritti nei romanzi di Salgari) o il rituale di qualche oscura setta
misterica orientale del primo o secondo secolo dopo Cristo.

Il loro sound è popolato indifferentemente da droni di chitarra, inserti di elettronica angosciante alla Suicide, ritmiche tribali e sinistri tintinnii di percussioni ammantate inesorabilmente da frasi spettrali di organo o da
voci ridotte a bisbigli o al contrario altisonanti a recitare oscuri sortilegi. L’impressione è che quello
interessa al gruppo non sia la composizione in sé, semmai il processo che quella stessa
composizione costruisce. Per il resto tutti i brani ancorchè differenti fra loro condividono
inesorabilmente un milieu feroce, violento e visionario. A brani più oscuri come Emerald Kiss (un
incubo industriale a passo di pow wow), Until The Lights Go Out e Lord Help Me Find The Way (due
nenie psichedeliche alla Opal), In Return (danza dei fantasmi punteggiata da minimalismi fiatistici,
chitarre atonali e voci da oltretomba) e Darlings Of The Sun (un concentrato di invocazioni
blasfeme sovrapposte a una danza orientaleggiate) si contrappongono momenti più efferati come
il noise psichedelico di Anticipation Of The Light e il selvaggio psychobilly di Sorcerer. La parte
mistica dell’operazione è lasciata alla fine con la jam psichedelica di Pharoah’s Dream che tra om
vocali e ritmiche mantriche si conclude in una terrificante orgia sonora e la radiazione lisergica di
For The Seven Lakes adagiata su uno sfondo deserto e atemporale dove gli strumenti si muovono
come spettri tranne un organo che si esibisce in un bordone ecclesiastico alla Dead Can Dance. La
discontinuità dei temi musicali diventa parte integrante dell’unità sostanziale dell’opera e il loro
incedere è pantagruelico, apocalittico e grottesco; nello stesso tempo il rumore e i feedback della
chitarra così come gli interventi degli altri strumenti e dell’elettronica diventano una sorta di
esercizio spirituale. La line-up è rimasta quella del 2017: Nicola Caleffi e Luca Giovanardi (chitarra,
voce , basso, tastiere), Andrea Rovacchi (tastiere, percussioni), Andrea Scarfone (basso, chitarra,
synth), Ulisse Tramallioni (batteria, percussioni)e Laura Agnusdei (sax alto e tenore). La copertina è
un’opera dell’artista tedesca d’avanguardia Annegret Soltau..

di Alfredo Cristallo

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