MIMICOF Moon Synch

MimiCof è il moniker della pianista giapponese Midori Hirano. Nata a Kyoto ma stabilitasi a
Berlino, con i suoi lavori (anche come sound artist, compositrice e produttrice), ha toccato una larga messe di generi musicali e scorazzato efficacemente fra culture diverse. Ha cominciato a studiare piano all’età di 5 anni e ha continuato questi studi laureandosi in piano classico all’Università. La sua produzione è basata dunque sull’uso di strumenti tradizionali, piano e archi ma si è presto allargata anche all’uso delle tecniche di processing digitali, al sampling elettronico e alle registrazioni sul campo dando vita così a delicate romanze che sono un mix fra cliché tradizionali e tecniche di composizione contemporanea.

MimiCof-Moon-Synch-Alien-Transistor

Col nome di Midori Hirano ha pubblicato 2 album LushRush (2008) e klo:yuri (2009) per la MIDI/Creative noble. Specialmente il suo secondo lavoro è stato particolarmente apprezzato ricevendo favorevoli critiche su Time Magazine e su BBC radio. MimiCof è quindi il suo secondo progetto che si focalizza maggiormente sull’uso della musica elettronica e sull’uso dei backbeats intrecciati ovviamente al piano. In questa veste ha dato vita nei suoi due album RundSkipper (2011) e Koto-Lira (2012), ambedue pubblicate dalla PROGRESSIVE FOrM a una serie di vignette impressioniste di forte impatto emotivo che fanno perno su una serie di sonate minimali per piano pesantemente esposte a tecniche di arrangiamento glitch che conferiscono loro un’aura modernista e la avvicinano al sound progressive dei tardi anni Settanta, arrivando a lambire addirittura la muzak pop dell’Alan Parsons Projekt e i poemi elettronici di Jean Michel Jarre. Dopo un EP di remix autoprodotto e intitolato ReConstruction uscito nel 2015, MimiCof è passata sotto l’ala della label Morr Music con la quale ha pubblicato il suo terzo album Moon Synch, uscito il 5 maggio del 2017. In questo nuovo lavoro, MimiCof ha abbracciato con maggiore convinzione il kraut rock più intergalattico e astratto (e se vogliamo anche la psichedelia spaziale dei Pink Floyd di Interstellar Overdrive). Messe in secondo piano le tecniche glitch, la musica ora si affida a tecniche minimaliste, ai continuum alla Ligeti e alle manipolazioni elettroniche alla Stockhausen. La musica di MimiCof, simula il perenne e solenne moto delle nebulose e la quiete cosmica fatta di echi e segnali perduti nel buio interstellare. Più della metà dei brani dell’album sono quindi variazioni della matrice originale, il brano d’apertura Rising a cui vengono apportate via via delle variazioni tematiche che esaltano ora lo spirito catacombale e tecnologizzato del pattern principale (Burning Light), ora l’aspetto dimesso e minimale (Yellow Town), ora l’aspetto più sinistro e misterioso (la passeggiata negli inferi di Spins che si racchiude alla fine in un’unica nota di piano testardamente ripetuta), ora l’aspetto più arioso e tuttavia meccanicistico (la title-track). Questa prassi raggiunge il suo zenith nella complessa Dropping per accordi casuali di piano, vortice di synth e dimessa linea di basso pulsante, un traguardo che lambisce addirittura il dream-pop. A sua volta questo traguardo viene ulteriormente precisato nell’altro dream pop delle galassie di Opal, molto simile alle composizioni più eteree e nebulose degli Slowdive e a quelle stralunate del primo Matt Johnson (alias The The).Sfuggono invece a queste dinamiche l’industrial alla Throbbing Gristle di Parallel Road e la finale
Leaving The Country che ammanta i suoni della società industriale in un futurismo astratto e drammatico sulla falsariga dei Kraftwerk. Sia come sia, come nei precedenti lavori, quello che risalta sempre è la tendenza di MimiCof a creare l’equivalente dei concept album, dove ogni brano è definizione e leggero ampliamento di un altro brano e tutta l’opera è un quadro compiuto e ogni brano una pennellata. Lasciando fluttuare nel nulla risonanze, riverberi e ronzii prodotti dalle tastiere elettroniche e dal sample programming, MimiCof ha prodotto un documentario immaginario degli spazi siderali.

di Alfredo Cristallo

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