SLOW STEVE Adventures

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Slow Steve è il moniker dietro cui si cela il polistrumentista pop francese Remi Letournelle. Letournelle ha militato nei Fenster, un gruppo di pop psichedelico tedesco (ma in realtà multinazionale: era un quartetto formato da un’inglese, un francese, un americano e persino un tedesco), poi nel 2014 ha inciso uno split single con i berlinesi Mother Of The Unicorn e l’anno successivo ha pubblicato con la label Morr Music un EP Steps che ha rivelato un talento pop conteso fra musica cinematografica ed elettronica tedesca.

Slow-Steve

Il nuovo LP Adventures uscito sempre per la Morr Music nel Maggio 2016, conferma la propensione di Slow Steve ad ammantare il suo universo musicale di sintetizzatori vintage, sonorità spaziali o (sotto)marine per trascinare l’ascoltatore in una sorta di viaggio che tocca indifferentemente il pop sinfonico, il pop amatoriale, la psichedelia (sia quella lisergica anni Sessanta, sia quella galattica degli anni Settanta), la musica da ballo anni Sessanta, addirittura il folk. Il suo stile slavato, nostalgico aperto tanto alla sperimentazione elettronica quanto alle suggestioni del cinema di fantascienza ha la capacità di allungare artificialmente il brano musicale (tutti i pezzi tranne uno non superano i 3-4 minuti) che viene lasciato fluttuare liberamente attraverso l’uso dei synth ma senza mai abbandonare il formalismo pop. Tipici esempi di questa prassi sono il pop digitale di Eaux Usées che inizia l’album, il pop nostalgico di Sloth e quello lussurreggiante di Foam Shapes (l’unico brano che superi i 6 minuti) che chiude l’opera. In mezzo Slow Steve si cimenta con il twist pop di Bali che i campionamenti trasformano a poco a poco prima in un saggio di musica da camera e poi in un più innocuo easy listening, nel blues strascicato e mimetizzato di Red Wool, nel pop lisergico su basi campionate di Veterans. Queste sono canzoncine (apparentemente) facili facili ma in realtà vicine ai pastelli elettro-melodici di Brian Eno che infatti diventa il riferimento più ovvio nei brani strutturalmente più complessi: il post punk neoromantico di Oscillation che apparterrebbe agli anni Ottanta se non fosse per le dissonanze disseminate qua e là, in The Giant Spider Crab From Japan, suggestivo viaggio negli spazi siderali tipici del kosmische rock che sarebbe potuto appartenere ai Tangerine Dream e funziona invece come perfetto brano da chill-out music. Questo programma raggiunge l’apice nella suite di Josephine divisa in tre parti: in pratica la stessa canzone suonata in tre versioni e stili differenti, la prima un trip acido per chitarra acustica e laptop, la seconda suonata a metà fra tono da chanson francese anni Sessanta e jingle da discoteca francese anni Ottanta, la terza decostruita in forma cubista e dissonante. La musica di Slow Steve sembra seguire costantemente rituali criptici, impegnativi se ascoltati con attenzione e accomodanti se ascoltati mentre si prepara la cena: sorprendente e ipnotica, agisce perlopiù a livello subliminale e sembra indicare una possibile direzione per il pop del futuro prossimo venturo. L’album è stato registrato in soli 5 giorni fra Rotterdam e Berlino nello studio di Tadklimp che ha anche prodotto. La copertina mesmerica e coloratissima è fantastica.

di Alfredo Cristallo

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