EMMANUELLE SIGAL Songs From The Underground

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Emmanuelle Sigal è una cantante franco-israeliana (figlia di francesi ma nata in Israele). Abitava a Parigi ma vagabondando senza meta ha finito per fermarsi a Bolzano dove ha conosciuto e fatto amicizia con la cantante Maddalena Prinoth e i chitarristi Matthias Potz e Maurizio Riglione. Con loro ha cominciato ad esibirsi in pubblico e si è fermata nel capoluogo altoatesino prima di trasferirsi a Bologna (dove ora vive). In Emilia Romagna ha collaborato col gruppo I Sacri Cuori apparendo nel loro album Delone del 2015.

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A loro volta Francesco Giampaoli e Antonio Gramentieri (bassista e chitarrista della band) hanno ricambiato producendo l’album di debutto della Sigal intitolato Songs From The Underground (un’ovvia citazione di Memorie dal Sottosuolo di Dostoevskij) che è uscito il 23 Ottobre per la label Brutture Moderne con la produzione di Marco Bovi e la distribuzione di Audioglobe /Orchard. Dotata di una voce che lambisce in ugual misura Diane Schuur, Cat Power, Joanna Newsom e Michelle Shocked, Emmanuelle Sigal lascia fluttuare liberamente il suo stile musicale fra blues, jazz e indie folk finendo per assomigliare a una versione femminile di Tom Waits o all’ultima epigone della tradizione dei cantanti di lingua francese degli anni Cinquanta e Sessanta (Brassens e Brel per esempio). Le sue atmosfere lunari e notturne trovano particolare forza espressiva nei blues iniziali Blues Train (con pianola honky tonk), Happiness, nella title-track (un surf blues dall’atmosfera triste e fatalista alla Chris Isaak) e nel brano gemello All I Ever Wanted e nel blues sincopato di Si Le Monde (cantato in francese). Il soul jazz di And I’m Dreaming che sembra uscito da un bistrò parigino degli anni Quaranta e il tip tap da cocktail lounge con rintocchi sinistri di One For My Heart servono per lo più a creare un’atmosfera di sofisticatezza. D’altra parte la Sigal affida la propria auto-analisi esistenziale alla ballata Deep Cold Sea, al folk pop di My Ass Between Two Chairs che sfiore lo spleen sofferente di Nick Drake e infine al soliloquio elegiaco di Refugee tanto commovente quanto agghiacciante. Gli arrangiamenti dei pezzi sono solo apparentemente tanto composti quanto malinconici: in pratica ogni canzone si evolve al fine di rappresentare di volta in volta una stazione del monologo interiore dell’artista in un formato scarno, austero e teatrale che lascia nell’ascoltatore l’imbarazzante impressione di stare origliando dal buco della serratura. La copertina è stata di disegnata dalla stessa cantante: Emmanuelle Sigal ha percorso molta strada con il minimo dei mezzi.

di Alfredo Cristallo

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