WALDEN WALTZ Eleven Sons

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I Walden Waltz sono un collettivo musicale formatosi ad Arezzo nel 2011ed Eleven Sons è il loro originale e creativo album di debutto, frutto di una gavetta che ha visto la band lavorare perlopiù in USA. A differenza di altri gruppi italiani, il nucleo dell’esperienza musicale della band aretina risiede in 4 anni di concerti, palchi e radio fra East e West Coast, dove hanno promosso inizialmente il loro primo demo (prodotto da Jack Petruzzelli e Jack Douglas e vincitore del concorso SonicBids) e successivamente il loro primo singolo Looking Down che è stato prodotto da Ron Nevison (che ha lavorato con Who, Led Zeppelin e Rolling Stones). Grazie a questi preziosi supporti, il singolo è stato premiato come Most Outstanding Debut Release al LA Music Awards.

Ritornati in patria, la band attualmente composta dai 2 fondatori Matteo Cassi (voce, chitarra,mandolino) e Simone Lanari (chitarra, voce, synth) a cui si aggiungono Andrea Guerrini (basso),

Giovanni Fabiani (piano) e Filippo Giusti (batteria, percussioni) si è messa al lavoro per la registrazione del primo full lenght album che è uscito nella primavera del 2015 per le label Santeria/Audioglobe/The Orchard. Lo stile di riferimento del gruppo è il folk psichdelico a cavallo degli anni Sessanta-Settanta che ad un primo ascolto apparirebbe abbastanza assimilabile al White Album dei Beatles o ai Led Zeppelin più acustici del terzo LP. Le ambizioni del gruppo sono però più ricercate in quanto il loro sound introspettivo e felicemente vintage ammicca piuttosto alle esperienze del psych-folk d’avanguardia americano e inglese (Pearls Before Swine, Holy Modal Rounders, Incredible String Band per esempio). Da questi gruppi, i Walden Waltz riprendono con grande abilità le atmosfere surreali e oniriche, il senso del fiabesco, i testi ricercati , il contrappunto raffinato e il canto delicato come nei madrigali del Trecento. L’album appare quindi come una raccolta di rituali magici, ora macabri, ora pagani, ora ludici che fanno leva su ballate scarne e tenere e su textures strumentali disgregate. Ogni brano prende praticamente ispirazione da tradizioni diverse (i lo-fi liquidi di So They Say e Tyger che mescolano folk, jazz e psichedelia, le pulsioni raga di You’ll Be Home e Move Ahead deturpato da cadenze elettroniche), si divertono a disarticolare in un sol colpo i Beatles di Sgt. Pepper e i Led Zeppelin di Friends nel lied da camera per archi e flauti dissonanti di A And D e How Long o i Cream di Disraeli Gears nell’hard blues con ambizioni alternative di Feed Your Ignorance inzeppato di voci, archi, rumori concreti e concluso con una sonata spettrale di piano, addirittura indulgono alla sperimentazione sintetica di Everywhere e infine ritornano in confini più classici nel trittico finale di My Old Friend (acquerello impressionista con mandole sognanti, archi melodrammatici e cantato in lontananza), Dythiramb (una soave miniatura acustica di poco più di un minuto) e The Fair And The Hermit (che getta un ponte fra il folk e le sonorità progressive di Canterbury). Eclettico ed eccentrico, lo stile dei Walden Waltz eccelle soprattutto negli arrangiamenti sempre ricercati ma solo ingannevolmente strutturati in modo da lasciare ai musicisti ampia libertà di operare: in questo senso l’arte dei Walden Waltz è più vicina al cubismo dei quadri di Dali ed Ernst che ai trip lisergici. Un nugolo di collaboratori danno man forte: primo Francesco Chimenti dei conterranei Sycamore Age al violoncello, la sezione fiati di Dora Chiodini (flauto), Sam McGhee (clarinetto), Nicola Mondani e Cesare Chieli (tromba), la sezione archi di Davide Andreoni (contrabasso) e Franco Pratesi (violino), le percussioni di Alessio Rosi e le voci di Cristina Valiani e Irene Cascini. Eleven Sons è un debutto perfetto.

di Alfredo Cristallo

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