SAVAGE REPUBLIC: PROCESSION. An Aural History

Di Alfredo Cristallo

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Un paio d’anni fa la label LTM ha rispolverato in un doppio cd antologico la storia di una grande e

dimenticata band americana degli anni ’80. I Savage Republic erano un quartetto di studenti

dell’UCLA (l’università di Los Angeles) capitanati da Bruce Licher (mente di una comune artistico-

musicale che comprendeva altri gruppi d’avanguardia della zona). Il nucleo originale annoverava

oltre a Licher (basso, chitarra, tastiere, percussioni), Mark Erskine (batteria, percussioni), Jeff Long

(basso, percussioni) e Philip Drucker (alias Jackson Del Rey; tastiere, chitarra, percussioni). Di base

il loro sound era affidato ai bassi e alle percussioni. Era quindi perlopiù strumentale e percussivo,

acquisendo e mescolando elementi dal post punk, dal dark e dall’industrial inglese, dal
srlogo
minimalismo di Glenn Branca, dalle colonne sonore di Morricone, dalla musica mediorientale, dal

surf e dalla psichedelia inglese. I loro mutevoli e leggendari live show li imposero come gruppo

sperimentale e di culto nell’area universitaria. La prima parte del doppio CD Procession: An Aural

History raccoglie i brani più significativi della loro discografia. Dal primo LP Tragic Figures (1982)

provengono Ivory Coast e Next To Nothing due esercizi di tribalismo cingolato. A corredo di quel

primo LP arrivarono i singoli: qui troviamo la litania di Film Noir (con Robert Loveless a tastiere e

percussioni) e il pow-wow da incubo Mobilization. A quel punto il gruppo soffrì la prima scissione;

Drucker e Loveless se ne andarono per formare i 17 Pygmies. Licher ed Erskine riformarono il

gruppo con Ethan Port (percussioni), Greg Grunke (chitarra, flauto) e Thom Fuhrmann (basso,

trombone, chitarra) confermando l’impostazione con due bassi e dando vita ad una versione più

meccanica (incorporando ad es. percussioni metalliche come i bidoni di benzina) e psichedelica del

loro sound prima nell’EP Trudge (1985) da cui è tratta la danza tzigana di Siege e poi con l’album

Cerimonial (1986; col rientrante Loveless) che cristallizza la loro arte in una sorta di surf arabico

del tutto strumentale ma dai toni meno caotici e anzi deliberatamente meditativi quasi new age:

questo nuovo formato produce Andelusia tribale e quasi pop, la title-track tribale e quasi dark e

Walking Backwards melodiosa e quasi disco. A quel punto con Brad Laner (batteria) al posto di

Erskine e il rientrante Drucker, i Savage Republic entrarono nella seconda fase della loro carriera

con Jamahirija (1988) che recuperava parzialmente i climi ritmici e nevrastenici degli inizi e da cui

sono tratti Viva La Rock’n’Roll (una cover degli Alternative TV), l’incubo futurista di Tabula Rasa e il

funk lisergico della title-track. Nel 1989 uscì Customs (senza Ethan Port) album arrangiato in

maniera più professionale e suggestiva: da qui la trance psichedelica di The Birds Of Pork e Sucker

Punch un industrial dark dilaniato da urla disumane. Fu l’ultimo album del gruppo che si riformò

solo nel 2007 con Fuhrmann, Port, Grunke e i nuovi Alan Waddington (batteria) e Val Haller (basso)

per l’album minore 1938 (la title-track, Siam). Conclude la carrellata il singolo Sword Fighter (2009)

con Kerry Dowling (basso, chitarra) al posto di Haller. Il secondo disco è invece una testimonianza

dei loro infuocati live act, un concerto del 2010 a Castellon in Spagna con Fuhrmann, Port,

Waddington, Haller e Dowling che ha soprattutto il merito di rintracciare brani bandiera del

periodo migliore come Procession, Trek e Year Of Exile. La vicenda dei Savage Republic è interna

all’area indipendente e underground di Los Angeles ma ha rifondato il concetto di musica

cerimoniale con i suoi riusciti accostamenti fra musica psichedelica e industriale.

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