Progetto Nazionale Emergenza Nord Africa

Iniziato nel maggio 2011, il Progetto Nazionale Emergenza Nord Africa, si concluderà il 31 dicembre 2012 per mancanza di fondi, incompiuto, a metà percorso, abbandonando al proprio destino una quarantina di rifugiati politici che aveva preso a carico.

Terminati i finanziamenti, infatti, queste persone saranno costrette ad abbandonare gli appartamenti a loro assegnati in Valdera.

Ampio respiro al progetto era stato dato dalla regione Toscana, che ne aveva affidato lo sviluppo a diversi enti.

Tra i comuni coinvolti ricordiamo: Pontedera, Ponsacco, Santa Maria a Monte, Terricciola, Peccioli, Chianni, Calcinaia, Cenaia, Perignano, Capannoli, Vicopisano, S. Croce, Cascina.

Gli interventi del Progetto Nord Africa, accavallatisi alla primavera araba, si sono occupati fino ad ora di dare asilo politico ad alcune persone di origine sub-sahariana, profughe dalla Libia, ognuna con alle spalle una storia personale di persecuzione di tipo religioso, politico, etnico, sessuale, o semplicemente con la volontà di tentare la fortuna al di fuori del proprio paese. Fino a qualche anno fà infatti, gli stranieri in Libia avevano facilità di trovare lavoro e soprattutto bisogna considerare che in Libia è lo straniero che lavora e non il libico. Queste persone infatti provenivano da paesi come il Mali, la Costa D’avorio, la Mauritania, il Sudan, la Nigeria, il Ghana e l’Africa sub-sahariana in generale. Svolgevano in Libia mansioni che i libici stessi non volevano svolgere ed erano di aiuto per l’economia del paese. Le politiche di Gheddafi però cambiano repentinamente e violato il patto con l’Italia, comincia un’espulsione in massa di immigrati su mezzi di fortuna, cacciati e costretti in condizione disumane, come bestie.

Alcuni addirittura non sopravvivono, ammassati in camion, stipati in gommoni da trafficanti senza scrupoli, spediti senza viveri nè averi a Lampedusa, arrivano senza più dignità nel nostro paese.

La loro situazione in Libia era regolare, regolare contratto di lavoro anche se le condizioni di vita non erano delle più rosee, ma avevano la possibilità di spedire denaro alle loro famiglie d’origine e sperare in un futuro migliore. Tutto questo però fino a quando l’esercito libico, su ordine di Gheddafi non è piombato con la forza a prelevare questa forza lavoro dal proprio paese per usarla come carne da macello per mettere in difficoltà il proprio ex alleato, cioè il nostro paese, l’Italia. Questi esseri umani privati di ulteriori diritti, anzi di ogni diritto e dignità, vengono di punto in bianco strappati ai loro doveri e ai loro sogni e costretti ad emigrare di nuovo.

Ognuno di loro, se sopravvissuto ed arrivato in Italia, deve compilare un modulo, il cosidetto modulo C3 che si compila all’ingresso di una frontiera per la richiesta di asilo politico. Questo prezioso foglio di carta, consente di presentare la propria storia ad una commissione che la vaglia insieme a milioni di altre storie e decide se concedere o meno asilo politico nel nuovo paese. L’iter è piuttosto lungo e visto l’enorme afflusso di esseri umani spediti come carne da macello vengono istituite nel nostro paese molte nuove commissioni per agevolare le procedure burocratiche. Il numero di immigrati però è davvero troppo elevato e molti si trovano allo stato attuale a non avere ancora una risposta che permetta loro quindi di poter o lasciare il paese per cercare fortuna altrove, o rimanere e poter lavorare qui da noi. Il numero stimato di stranieri arrivati in Italia dalla post-primavera araba fino alle ultime schermaglie e guerriglie è stato di 26.000 anime. Il dramma di queste persone è che arrivati a fine progetto, molte di queste domande fatte circa un anno e mezzo fa deve ancora essere esaminato. Purtroppo per via dell’accordo di Dublino è possibile richiedere asilo politico nel primo paese che viene toccato. Ovvio che tutta l’emergenza Libia è a carico dell’Italia e non della Germania per esempio, anche se i fondi adibiti all’emergenza sono stati stanziati dalla comunità europea che quindi potrebbe prorogare lo stato d’emergenza. Senza permesso infatti non è possibile  per questi profughi spostarsi nè richiedere un titolo di viaggio o provare a lavorare e ad inserirsi nel nostro paese. Quindi queste persone a fine progetto, senza uno status ben preciso, non possono nemmeno volendo lasciare il nostro paese per emigrare altrove, in Francia, in Germania, in Belgio, in Inghilterra, in Olanda per esempio, dove forse potrebbero più facilmente inserirsi ( molti di loro parlano francese e quindi non avrebbero difficoltà a presentare regolari domande di lavoro nel caso potessero trasferirsi in paesi di lingua francese per esempio, altri inglese, mentre nel nostro paese la lingua è un ulteriore ostacolo da affrontare… ). A questo punto queste persone si troveranno entro un mese a rimanere senza casa nè un posto dove stare, senza permessi per lavorare e senza permessi di viaggiare e provare ad emigrare altrove per avere maggiori chances di dimostrare il proprio valore e le proprie competenze. E’ facile pensare come tutto ciò porterà persone che avrebbero potuto ritrovare una propria dignità a finire facilmente nella rete dell’illegalità senza troppe possibilità di integrazione sociale. Questo modo di integrare i profughi adottato dal Progetto attuato dal governo nel nostro paese, non ha fatto altro che illudere una quarantina di persone che ce l’avevano fatta, per poi abbandonarli a se stessi e metterli in mezzo alla strada da un momento all’altro. Queste persone hanno ricevuto per i primi tre mesi un permesso di soggiorno che però non permetteva loro di lavorare, dovevano restare fermi dunque ed aspettare; nei secondi tre mesi arriva un permesso per il lavoro temporaneo, ma nessun organo ha pensato di organizzare corsi di italiano, perciò di fatto c’è l’impossibilità di essere assunti in qualche modo. Vengono attivati allora degli pseudo corsi di italiano ed in seguito viene data la possibilità ad alcuni di loro di essere inseriti in dei tiocini che di fatto però sono temporanei e non offrono soluzioni definitive.

L’organizzazione burocratica italiana come al solito fà acqua da tutte le parti e lascia a bocca amara. Tutto è fumoso, ed  anzi tutto quanto fatto fino ad ora rischia di andar perduto con la conclusione del Progetto di punto in bianco dovuta all’esaurimento dei fondi.

Poteva tutto quanto essere organizzato meglio, pur tenendo conto del fatto che si è trattato di una situazione di emergenza.

Dal 31 dicembre 2012 una 40-ina di persone rimarranno senza un tetto nè un posto dove andare. Un buon auspicio per l’anno nuovo. In un attimo verranno catapultati ancora una volta in mezzo alla strada da cui avevano avuto l’illusione di essere stati tolti. Tutto questo non ha alcun senso. Forse si faceva prima a fucilarli tutti alla frontiera. Così è uno stillicidio, una morte lenta, mille violenze psicologiche, inconcepibile tutto ciò in una nazione civile. Una nazione come la nostra che vanta uno stretto legame con lo stato Vaticano, perché permette tutto ciò? Il valore umano viene ridotto ad una marea di scartoffie e confusione e la delusione dei tanti volontari e operatori sociali che han preso parte al progetto, la rabbia, il mal di pancia degli immigrati e degli operatori stessi, resi impotenti dall’ottusità delle istituzioni, gela il sangue nelle vene ancor più che il freddo inverno che questi poveracci dovranno affrontare a denti stretti e senza mezzi. Qualcuno si sta offrendo spontaneamente per prenderli in casa per un po’, mutuo soccorso tra esseri umani. Ma non è la soluzione. Senza documenti, senza mezzi tutto questo quanto può durare? E ancora, perché uno Stato non riesce a garantire nessuna emergenza, nessuna soluzione, nessuna efficenza e pretende dai suoi cittadini efficenza e rigore? Perché questo stesso Stato sa che tanto ci autogestiamo e che non li lasceremo morire sotto un ponte e dunque approfitta della nostra buona fede, quando lo scopo che dovrebbe avere sarebbe quello di salvaguardare lui noi?

Restano parecchie perplessità come sempre e mi viene da mettere in dubbio, allo stato attuale delle cose il valore stesso di “Stato”, almeno così com’era stato concepito fino dai tempi antichi, da Platone, dalle diverse organizzazioni delle Poleis greche. Vien il dubbio che questo “Stato” salvaguardi ancora il cittadino e anzi abbia ancora un’utilità, visto che la sua reale e iniziale natura è stata ormai completamente stravolta da assurde logiche di potere…

Chiara Moraglio

 

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